
Così il risultato del referendum peggiora la crisi della rappresentanza
Non bisognerebbe farsi prendere dal livore quando si commentano fatti politici di una certa caratura.
Eppure il risultato del referendum costituzionale che conferma la riduzione dei rappresentanti in Camera e Senato è cosa a se stante.
Non si commenta, infatti, una decisione politica. Si commenta una decisione sulla politica. Più del 60 per cento dei votanti ha deciso che i politici non devono più rappresentare i cittadini, ma le segreterie che li scelgono; e che anche l’ultimo diritto dei peones, di nascondersi nel mucchio o di minacciare “il cambio di casacca” per ottenere qualcosa in cambio (per sé o per il proprio collegio) è venuto meno.
Ora abbiamo la promessa di un Parlamento – Duma. Pochi, selezionati, nominati. Una casta depurata da quelle imperfezioni di democrazia che ancora sussistevano.
E questo va bene. Quello che fa rabbia è pensare che questa ‘punizione’ del ceto politico nasca da chi ha ragione di sentirsi abbandonato. Sono i poveri, i lavoratori, le persone normali.
A chi importerà più nulla di un precario il cui voto ora, evidentemente, non vale più nulla e non sceglie nessuno? Che non conoscerà neppure il nome del suo deputato. (E figuriamoci il contrario)?
Ecco, la rabbia per la lontananza della politica ha trasformato la politica in qualcosa di ancora più lontano.
E a sceglierlo sono state le persone normali. Proprio quelle che ne soffriranno di più. Proprio quelle che avrebbero più bisogno di un corpo intermedio che li protegga dai contratti a chiamata, dalle clausole delle banche, dalla perdita di qualsiasi potere: d’acquisto, di contrattazione ed, ora, anche di voto.
Ma, ricordiamocelo: c’è anche un bel risparmio! Pochi, miseri milioni di Euro a fronte di miliardi non creati e non distribuiti da una politica che avrà sempre meno autorità, meno visione, meno forza di cambiare le cose.
Chi ha scritto contro la Casta per anni non ha bisogno che la politica lo difenda. I magistrati che l’hanno incarcerata prima di entrarne a far parte neppure. Gli editori di giornali che hanno soffiato su Tangentopoli per poi comprare pezzi di Stato a prezzi di saldo quando la politica non c’era più a contendere il primato nel Paese, neppure a dirlo. (c’è anche un articolo del Fatto, il che sembra strano finché non si pensa che, alla fine, tutti bene o male, anche chi ha contribuito a generarlo, siamo figli del nostro tempo).
Insomma, un sacco di gente può fare a meno della politica e della democrazia e, in realtà, è sempre stato così. Del resto la democrazia non c’è sempre stata; i ricchi sono senz’altro più antichi.
Solo mi chiedo se anche tutti quelli che hanno votato “SÌ” siano così forti, così benestanti, così ben introdotti da non aver più bisogno di essere rappresentati.
E il sospetto che non sia così mi rende un po’ bitter.
- Tommaso Vesentini
- Settembre 22, 2020