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Saperne più e prima degli altri è l’arma vincente. Cristiano Davoli, pioniere delle videoagenzie, ci spiega i cambiamenti in corso
L’impatto dei nuovi media prima, e dei social network poi, su comunicazione istituzionale e giornalismo è stato dirompente. Negli ultimi quindici anni sono cambiati tempi e routine di costruzione della notizia, è stata stravolta la gerarchia delle fonti, il ruolo del giornalista e del comunicatore pubblico ha palesato limiti, richiedendo lo sforzo di ripensarsi. E l’immagine, i contenuti video sono diventati preponderanti sulla parola scritta. Lo sa bene Cristiano Davoli, tra i pionieri delle videoagenzie in Italia, esperto di comunicazione e media, giornalista professionista e attuale consulente di Beryllium.
Cristiano, che mondo era quello nel quale a metà degli anni Novanta è nata la tua videoagenzia?
Era un contesto molto diverso da oggi: le immagini viaggiavano su cassette che dovevano fisicamente arrivare alle redazioni in un plico. Ad eccezione della Rai, quasi nessuno poteva permettersi la troupe sul posto in una città come Roma dove quotidianamente avvengono fatti, eventi, meeting e convegni di ogni genere che interessano il mondo della stampa.
Ci inventammo, quindi, una formula che consentisse di distribuire i contenuti da noi girati alle testate o agli uffici stampa. Prima utilizzando quello che era il trasferimento di dati attraverso la tecnologia ftp. In seguito, dopo aver ottenuto un ottimo riscontro da parte delle emittenti locali che scaricavano e usavano il nostro materiale, inventammo un portale dedicato a questo tipo di servizio con una sezione che conteneva video in preview, in modo da poter selezionare i contenuti di interesse tra quelli da noi girati, e una che consentiva di scaricarli in qualità adatta al mezzo televisivo, ancora analogico.
Per quegli anni si trattò di qualcosa di rivoluzionario.
L’idea maturò per venire incontro all’esigenze di un cliente, ovvero la Presidenza della Regione Calabria. Il Capo Ufficio Stampa dell’allora Presidente Agazio Loiero aveva chiesto alla mia agenzia di fornire in tempo reale il materiale delle sue attività istituzionali romane alle redazioni calabresi, in modo che potessero diffondere poi le notizie sul territorio in maniera diretta. Da allora abbiamo collaborato con vari uffici stampa istituzionali, a livello regionale e ministeriale.
Il prodotto era tutto sommato semplice: un girato grezzo con interviste e immagini di copertura, senza speech, tagli e sottopancia. Materiale al quale qualsiasi programma, al di là dei tg, poteva attingere immagini per creare servizi personalizzati in base a linea editoriale e format.
Come è proseguito poi il lavoro?
C’è stata una evoluzione. Con la mia società stavo portando avanti un lavoro di “produzione di informazioni”, ma stava per succede qualcosa di ancora più grande. In quel periodo entrai a far parte del team di TelePa e lavorai al primo progetto di comunicazione istituzionale via web dall’allora ministro per la Pubblica amministrazione Franco Frattini. Si chiamava TelePA, era diretta da Sergio Talamo che in seguito ha fondato PAsocial.
Quel progetto seppe esprimere al meglio l’esigenza del settore pubblico di ripensare l’approccio alla comunicazione e all’informazione, come dettato dalla legge 150/2000 di Franco Bassanini. Lavorando proprio al progetto di TelePA mi accorsi come internet sarebbe stato il futuro dell’informazione.
Terminata la collaborazione con TelePA e facendo tesoro dell’esperienza, con la mia società dirottai sul web tutto il lavoro che stavamo portando avanti. Diciamo che siamo stati in grado di intercettare e anticipare in un certo senso le esigenze di informazione del prossimo futuro. Ottenendo poi soddisfazioni sempre più grandi.
Come le tecnologie hanno cambiato questo lavoro?
Quando iniziammo la nostra società era costituita da due giornalisti e un operatore. E più grande era la telecamera, più agli occhi del cliente il servizio proposto era migliore. Poi c’è stato l’avvento delle handycam… Oggi si fa tutto tranquillamente con lo smartphone.
Adesso un giornalista non deve solo saper scrivere e capire la notizia, deve saper riprendere, montare e distribuire le immagini. Questo settore viaggia a una velocità incontrollabile e il professionista deve essere sempre più multimediale, capace di parlare più linguaggi. Lo stesso social media manager, oggi, è una persona che scrive, pubblica e sa utilizzare la grafica. Il nostro punto di forza è sempre stato quello di saperne più degli altri in materia di videonews.
Verso che modello di giornalismo stiamo quindi andando?
Ormai si lavora per produrre contenuti e farlo in quantità, raramente si cerca la qualità. Si è perso il piacere dell’approfondimento, del riscontro, si è perso il valore stesso del tg. Perché ai più giovani viene insegnato che è fondamentale la velocità, bruciare gli altri sul tempo. E purtroppo questo approccio viene usato anche nei programmi d’inchiesta. Saper anticipare il cambiamento è l’arma vincente per non farsi travolgere.
A cosa pensa oggi Cristiano Davoli…
Vorrei che le tecnologie di oggi, la tecnologia del 360°, entrassero nella vita della PA (cosa che già ho proposto ad alcune istituzioni). Se la tecnologia 360° venisse impiegata, per esempio, per riprendere incontri come i Consigli Comunali o le Assemblee di Camera e Senato, si avrebbe la possibilità di una visione più completa e che incuriosisca gli utenti su quella che è la “vita vissuta” della PA… fisicamente più completa. Si avrebbe la percezione reale di quello che accade tutto intorno, si potrebbe avere la possibilità di far conoscere le persone, la situazione contingente, gli atteggiamenti, i comportamenti anche di chi per esempio in quel momento non è “il protagonista della scena”. Si potrebbe entrare nella vita istituzionale nei momenti pubblici, in un’ottica di trasparenza e di una PA più vicina al cittadino.
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