Intervista a er Pinto: il valore delle parole e della strada

“C’ho rime nella testa, ner core ‘na tempesta”.Quanti di voi si sono imbattuti in questi versi per le strade di Roma (e non solo) o su Instagram? Lui è er Pinto, poeta anonimo, nato al Trullo quartiere periferico di Roma. Mauro De Clemente lo ha intervistato per Beryllium Blog.

Le tue poesie sono arrivate sui camici di medici, infermieri e operatori sanitari: qual è il contributo della poesia in questo momento storico?
È stata una bella sensazione quella di vedere le mie parole scritte sui camici degli infermieri che in questo momento ci hanno ricordato di quanto determinate professioni, dell’ambito sanitario e non, siano indispensabili. La poesia, ora più di prima, ha il ruolo di sostenere, sensibilizzare, far riflettere, mettere in luce, stimolare o raccontare le emozioni di chi la scrive e di chi la legge.
Le parole sono importanti quanto o come i gesti. Chi per lavoro accudisce i malati, salva le vite, ne mette al mondo di nuove, non fa un gesto poetico? Credo che la poesia sia, soprattutto, essa stessa un gesto. La ritroviamo nelle piccole cose di tutti i giorni e quando c’è, ce ne accorgiamo, la apprezziamo, la amiamo. Nel mio libro, Il Peso delle Cose, c’è una parte introduttiva in cui provo a spiegare quale potrebbe essere il ruolo della poesia e del poeta del terzo millennio, ma non si può dare una definizione assoluta, la risposta fa parte della mia ricerca continua.

Il tuo profilo Instagram sembra un prolungamento della strada, è così?
No, non mi fa impazzire questa definizione. Non dimentichiamoci che la vita vera è fuori dagli schermi. Ormai i social network e internet sono diventati parte integrante delle nostre vite ma credo che sia fondamentale non dimenticarci che la vita reale non è la vita virtuale. I social network devono essere il mezzo e non il fine. Li uso per documentare, per promuovere il mio lavoro. Essendo indipendente credo che sia ancora più indispensabile promuovere il proprio lavoro anche online. Ma la poesia di strada oltre ad essere poesia deve essere di strada, della strada, delle persone che la leggono per strada. Specialmente a chi inizia ora, innanzitutto consiglio di andare a studiare e approfondire quello che fa, come in tutti gli ambiti, ma spesso in quel che mi capita di leggere mancano o la poesia o la strada, che sono i due ingredienti fondamentali.
Faccio un paragone con il rap: secondo me un buon rapper deve avere un bel flow e tante cose da dire, oppure può avere tante cose da dire ma poco flow o ancora un grande flow ma poche cose da dire. Diciamo che se non hai un bel flow e nemmeno cose da dire è meglio che non fai il rapper.

Pensi si possa fare poesia sui social network?
Ho iniziato sul web anche io mettendo le mie cose su Facebook per farmi conoscere quindi non posso dire di no. Diciamo che poi, però, ho iniziato a scriverle per strada, a farle recitare, a pubblicarle in dei libri e in quel momento credo che si siano veramente materializzate, le ho sentite vere. Diciamo che una bella frase non è una poesia. La poesia è qualcosa di molto più profondo di una semplice rima baciata o di una frasetta acchiappa like. Penso che si possa scrivere in digitale, su un blog, su una pagina Facebook, sul proprio sito, ma a quel punto bisogna andare ad analizzare cosa si scrive per poter dire che è poesia. Scrivere è un conto, scrivere poesie è un altro.

A tuo avviso esiste un social network più adatto degli altri per fare poesia?
Ripeto che per fare poesia bisogna vedere la poesia, bisogna riconoscerla nella vita di tutti i giorni, in dei gesti, nelle parole altrui. Riuscire a scovarla anche dove non c’è. Crearla. Perché questa è la poesia (poiesis), una creazione. Poi a qual punto va scritta, va impressa. Credo che il social più adatto in assoluto sia carta e penna, poi un libro, poi magari un muro. Se si scrive soltanto per fare il post su Instagram si vede, si percepisce perché può uscir fuori una bella frase, ma manca la poesia.
Il social migliore per sponsorizzare quello che faccio secondo me è Instagram, ma credo che lo sia anche per il lavoro artistico di altri in questo momento.

Dall’incontro tra social e poesia, potrebbe nascere un nuovo genere? o è già nato?
Tutto potrebbe essere, calcolando che le grandi case editrici ormai sono soltanto delle tipografie che stampano i libri di chi gli garantisce il rientro economico. Però almeno che sappiano catalogare o aggiornare le categorie delle loro produzioni. Pubblicano qualcuno che fa stand up comedy e la chiamano poesia. Francesco Sole, che scrive frasi motivazionali, a oggi, è considerato un poeta in Italia. Ma avete mai letto Dante? Leopardi? Petrarca? E non mi dite che è poesia contemporanea, vi prego. Non c’è più selezione tecnica. Il mondo editoriale è in evidente crisi da anni. La gente non legge, io stesso leggo meno di quanto dovrei.
Hai tanti followers? Mi garantisci tante vendite? Ok, ti pubblico il libro. Vedi la storia di quella fashion blogger che ha venduto non so quante copie in un giorno, se lei che lo ha “scritto” non ha mai letto un libro e l’hanno pubblicata, pensa i suoi lettori che senso critico anno. Un libro ha più importanza di quanto gliene diamo. Sono la nostra storia. Prendiamo i vari “instapoets” per entrare in pieno tema. Diciamo che se dovesse nascere un nuovo genere di scrittura sui social spero che non venga accostato alla parola poesia. La parola instapoets mi fa rabbrividire, va bene per un hashtag non per un genere letterario.

Qual è il tuo rapporto con i social network: influenzano il tuo modo di scrivere?
Assolutamente no. Ciò che influenza il mio modo di scrivere in alcuni casi è dove lo scrivo.
Se devo andare a scrivere per strada, a volte purtroppo in maniera illegale e quindi veloce, furtiva, sono obbligato a scrivere qualcosa che sia o un estratto di un qualcos’altro di più lungo, una quartina per esempio, oppure qualcosa che sia diretto, sintetico e pungente e che riesca a scrivere in pochi secondi. Anche perché diventa più facilmente leggibile dai passanti, rispetto alla pagina di un libro o di un e-book che invece puoi gustarti con calma sul divano di casa.
I social network, ripeto, sono soltanto il mezzo con il quale documento, archivio e pubblicizzo il mio lavoro.

Negli anni hai dato vita a tante collaborazioni con artisti visivi, dalla street art alla grafica passando per la calligrafia. Quanto ha influito la centralità dell’elemento visivo in ambito digital?
Non saprei, ho sempre cercato di dare valore alle parole e di inserirle nel migliore dei modi in un contesto. Che sia il testo di una canzone, la calligrafia di un calligrafo, o la grafica di una maglietta.
Le parole devono trasmettere delle emozioni o indurre chi le legge ad entrare in un ragionamento emotivo.

Tu non scrivi soltanto, hai dato vita a festival, mostre, eventi culturali. Pensi che il poeta debba tornare a giocare un ruolo attivo nelle sue comunità e a livello sociale?
Come me, ci sono altri poeti e poeti di strada che lavorano al “Festival Internazionale della Poesia di strada” che si svolge più o meno annualmente da parecchi anni, io ho avuto il piacere di essere tra gli organizzatori di un’edizione soltanto, che è avvenuta nel mio quartiere, il Trullo, nel 2015 e di partecipare a un’altra edizione, quella del 2017 a San Donato Milanese. Faccio parte di un gruppo di persone che organizzano eventi in generale ma che, come me, sono interessati anche alla promozione della cultura, specialmente quella fatta dai giovani e dal basso.
Credo che uno scrittore che non abbia empatia o consapevolezza sociale non possa fare bene e a fondo il proprio lavoro.

Passami l’espressione pop: la poesia sta tornando di moda?
Ma la poesia non è mai stata alla moda, come non è mai passata di moda. Alcune parole faticano ad essere affiancate alla poesia. Digital, moda, network. Se parliamo dell’arte di strada in generale, forse sì, ma mai quanto basta.

Il tuo legame con Roma è profondo: nella Città Eterna la poesia è viva?
Non è mai morta, come i suoi poeti.

Progetti futuri?
Sto finalizzando il mio nuovo libro, uscirà all’improvviso.

Ci saluti con una tua poesia?

IL PESO DELLE COSE

Se dice che ogni cosa nella vita abbia un prezzo
Che ogni gesto o sentimento richieda sacrificio
Certi giorni je l’ammolli, spigni forte, stai sur pezzo
Ma poi il tuo stato d’animo pretende parcondicio

T’accorgi che le cose più che un prezzo c’hanno un peso
E più cresci e più lo senti il loro peso sulla pancia
Se non pesi le parole puoi offende o veni’ offeso
So’ l’anni e la coscienza che fanno da bilancia

Intanto pensieri, paure e paranoie
Aumentano col tempo in proporzione a ciò che fai
C’è molta dispersione dell’istinto ed ogni voglia
Continua a avecce un peso oltre a un prezzo e tu lo sai

Un po’ per esperienza un po’ pe’ consapevolezza
La sera dentro ar letto dei tuoi giorni fai gli highlights
Trasportalo il tuo peso nonostante la stanchezza
Quando serve te ne freghi accanni i pesi e win for life

Il peso delle cose può arriva’ a esse straziante
‘No zaino de coscienza che porti sulle spalle
Ma se vuoi torna’ libero, almeno pe ‘n istante
Da sopra ‘na montagna lancia er peso verso valle

Adesso guarda er monno e tutto quello che hai di fronte
Respira e i tuoi polmoni saranno mongolfiera
Vola con la mente tocca il sole e l’orizzonte
Il peso delle cose è solo una chimera

Er Pinto