Intervista a @nonleggermi: tra romanticismo digitale e poesia

“Una persona che scrive”, come si definisce lei stessa. Una ragazza giovanissima, poco più che ventenne, capace di attirare l’attenzione di oltre 116 mila follower su Instagram con il suo profilo @nonleggermi. Lei è Iris Baldo. A caratterizzarla una immediatezza espressiva nei testi e un impatto visivo violento e fragile al contempo. Mauro De Clemente l’ha intervistata per Beryllium Blog, affrontando il tema attualissimo del rapporto tra scrittura come espressione artistica e social network.

Partiamo dal nome, perché lo hai scelto? Ha il sapore della provocazione.
‘’nonleggermi’’, come hai detto tu, racchiude in sé una provocazione: ho scelto un titolo che potesse rispecchiare la mia personalità e che al tempo stesso mi consentisse di potenziare il coefficiente divulgativo e attrattivo della pagina. Necessitavo di qualcosa ad effetto che fosse al tempo stesso colorato da una leggera patina di fascino proibito, quanto aperto ad un pervicace sguardo orientato alla contraddittorietà.

Su Instagram ci sei come @nonleggermi e @imirisbaldo: perché questo sdoppiamento?
Si tratta di uno sdoppiamento correlato ad esigenze puramente estetiche e pratiche.
Si tratta di una scissione in realtà solo apparente, in quanto potrei definire la mia scrittura, come la manifestazione artistica ed estetica di una forza centrifuga e centripeta che nasce, si evolve, si annienta, muta e si rigenera unicamente a partire da me stessa e dal contesto in cui si annida il mio agire in relazione alla realtà sociale circostante.
Ho fatto confluire la mia personalità su due profili differenti per non deteriorare la coerenza visiva di ciascuno, in modo tale da proporre una pagina dall’aspetto più omogeneo e soprattutto che ponesse maggiormente in rilievo i miei elaborati.
Paradossalmente proponendomi come ‘’nonleggermi’’, e dunque scegliendo di apparire agli occhi del pubblico sotto forma unicamente di pensieri scritti, è come se mi presentassi fin da subito come Iris, essendo che non sussiste alcuna dicotomia tra le due personalità.
Nei video che propongo, come in alcuni sfondi dei miei post, o nelle storie, inserisco talvolta il mio volto, come altri elementi del mio corpo.
La sovrapposizione della mia immagine ai miei scritti è emersa gradualmente nel corso del tempo, sia per richiesta da parte dell’utenza, sia per mia volontà; mi piace l’idea che le persone associno ciò che scrivo al mio volto, ma al contempo voglio focalizzare l’attenzione su ciò che alimenta la mia persona, ossia la scrittura.

Ti definiresti una poetessa?
Mi definisco una persona che scrive: poeta in costante metamorfosi, al termine della quale forse si potrà definire veramente tale. Forse non si accorgerà nemmeno della metamorfosi avvenuta e a quel punto sarà inconsapevolmente poeta, oppure la metamorfosi è staticità in movimento, e un fotogramma di quella persona lo è già diventato.
Un rullino di farfalle in fotogrammi spezzate nel vento, che sono ali, che sono bruchi, che non sono altro che vento.

In un tuo post si legge “Siamo i nuovi romantici”: Quali sono i tuoi riferimenti?
La stagione romantica mi ha sempre affascinata sia in ambito letterario, che in quello delle arti figurative, con una predilezione particolare per Leopardi.
Tuttavia pur apprezzando il realismo e l’innovazione della prosa manzoniana, piuttosto che alcuni esiti della poesia di Victor Hugo come la toccante, quanto delicata poesia dal titolo ‘’Demain dès l’aube’’, giusto per citare altre due figure nodali all’interno del panorama romantico, più che al romanticismo in sé, guardo soprattutto alle sue evoluzioni e stagioni successive come quella simbolista, decadentista, surrealista, esistenzialista, modernista, neorealista.
Scrittori nevralgici per il mio sviluppo personale, nonché artistico sono stati e continuano ad esserlo, autori come: Baudelaire, Rimbaud, Verlaine, Pascoli, Apollinaire, Paul Eluard, Francis Ponge, Jean – Paul Sartre, Albert Camus, Montale, Ungaretti, T.S. Eliot, Joyce, Kafka, Vittorio Sereni, Fenoglio, Moravia, Pier Paolo Pasolini, Gadda e tanti altri.

Qual è il rapporto tra le parole che scrivi e le immagini fotografiche dei tuoi post? Cosa viene prima?
Viene prima sicuramente l’atto di scrivere, che non è quasi mai legato, o stimolato dalla visione dell’immagine che fa da sfondo.
Di solito scelgo in partenza la frase, o il pensiero, da postare e poi mi accingo alla ricerca di una foto che si adatti all’atmosfera dipinta, o al messaggio che voglio comunicare.
Altre volte capita invece, seppur raramente, di trovare una foto che mi rimanda ad un elemento protagonista di una mia riflessione e allora, in questo caso, si potrebbe parlare di stimolazione esterna, seppur con ‘’stimolazione’’ non è da intendersi l’atto di scrivere, quanto più un espediente di referenzialità.

Di solito per uno scrittore si parla di stile legandolo principalmente al proprio modo di scrivere, nel tuo caso il tuo stile riguarda anche il visual. Come definiresti lo stile di ciò che scrivi e di come lo posti?
Non saprei come definire il mio stile, se dovessi scegliere degli attributi per quanto riguarda lo stile prettamente visivo, opterei per decadente, elegante, sofferente, concreto, materiale, umano, accattivante, vintage, ribelle, parlante.

A volte usi video con sottotitoli e il tuo voice over: nella tua esperienza, anche nella scrittura i video hanno più presa sui social?
I video finora pubblicati hanno riscosso tutti di un successo e di una presa di pubblico che sinceramente non mi sarei mai aspettata. Vedere le persone così coinvolte mi ha colpita, e tutt’ora se ci ripenso mi suscita ancora emozioni indecifrabili per quanto forti e positive.
Penso che il connubio parole e video sia vincente, se sorretto da naturale spontaneità, creatività, quanto da uno studio preciso, nonché accompagnato da un’elaborazione attenta.

Scrivi testi lunghi che adatti in forma brevissima ai post? Qual è il tuo rapporto con la scrittura in funzione dei social?
Ho un rapporto abbastanza conflittuale in realtà con le piattaforme mediatiche in generale. Potrei dire che i social si traducono nel mio stimolo creativo, ma si presentano al contempo come un ostacolo alla divulgazione della creazione.
I testi che decido di pubblicare sono assoggettati ad un’accurata selezione e rappresentano solo una parte della mia personalità e di conseguenza di quello che scrivo.
La struttura di instagram e la sua gestione da parte dell’utenza mi impone delle scelte, tra quello che scrivo seleziono frasi concise, ad effetto, a comprensione quasi immediata, pur cercando di non peccare mai di originalità e di rimanere fedele a me stessa.
Scrivo pensieri nettamente più articolati e lunghi, come poesie di registro e di complessità differenti, tuttavia quest’ultimi necessitano di uno spazio maggiore e di una lettura più attenta e lenta dell’occhio veloce e rapido di internet.
Tendo a portare avanti in parallelo diversi tipi di stili e registri diversi, dando vita a componimenti anche molto dissonanti tra loro, si tratta di un’ambivalenza che rispecchia la mia dimensione interiore.
Nonleggermi sono io, le frasi incisive, ad effetto, brevi rispecchiano una parte della mia volontà espressiva, ovviamente c’è anche dell’altro, ma è giusto aspettare il contesto e il periodo più dedito per mostrarlo, ad esempio un libro, e soprattutto quando avrò ulteriormente potenziato le mie abilità espressive.

Qual è il processo creativo che si nasconde dietro a ogni post? Occorrono anche delle competenze tecniche per fare quello che fai?
Il lavoro di editing che risiede dietro alle foto dei miei post è abbastanza semplice, si tratta solo di pratica e di continuo perfezionamento; i video invece accolgono un’elaborazione più complessa.

Instagram, Facebook, Tik Tok, YouTube, Twitter: secondo te c’è un social più adatto di altri alla poesia?
Instagram

Post e Stories: differenzi i contenuti o secondo te ciò che scrivi ha lo stesso impatto nell’uno e nell’altro caso?
Per quanto concerne la mia esperienza personale i social coincidono sia con un canale di diffusione che di creazione; da quando ho aperto la pagina la mia creatività è aumentata esponenzialmente, e ha assunto un ruolo cruciale all’interno della mia parabola artistica.

I social network sono un canale dove diffondere poesia o uno strumento con cui fare poesia?
Disorientante, a tratti soffocante, per certi versi opprimente, per altri versi insoddisfacente.

Nei tuoi ultimi post si legge: “sto in quarantena / con i mostri nella stanza / siamo circa in centocinquanta.”, “sembra un tempo / lontano quello in cui / ti avevo vicino.” e, ancora, “e se non posso andare avanti, ma nemmeno tornare indietro / farò zig zag tra i miei drammi a ciel sereno.” Tu sei giovanissima, come hai vissuto questa quarantena?
Vedo questa pandemia, che si traduce in una condizione di isolamento forzato, seppur pienamente giustificato, come una pioggia di spleen fredda e incessante che grava su tutto ciò che mi circonda e che mi tocca.
Non so dire verso che esiti tenda in questo momento la mia scrittura dato che è in continua evoluzione e assume di volta in volta espressioni diverse in base anche alla mia percezione della realtà e delle circostanze, che tendono a mutare incessantemente e a distruggersi e rinnovarsi in continuazione.
Alterno momenti di spleen, a momenti di euforia, a momenti di insensatezza, a momenti di momenti che sono a momenti neanche momenti, ma istanti di memoria, di tempo, di ricordi dispersi.

Il tuo profilo Instagram conta oltre 116 mila follower: chi sono i tuoi lettori?
Sono la mia famiglia. Spesso mi dicono che li ho salvati, ma non sanno che sono stati loro a salvare me.

Pensi a un libro? O comunque a un orizzonte oltre i social per la tua scrittura?
Al momento ho in mente un romanzo sperimentale che mi impiegherà parecchio tempo per scriverlo, anni.
Inoltre due raccolte di poesie, di cui una già in parte formata.
Sono progetti ambiziosi, e mi serviranno anni di studio, di pratica, e di costante perfezionismo per realizzarli.
Preferisco aspettare che pubblicare qualcosa che non mi rappresenti al cento per cento, o qualcosa di incompleto, o che non mi soddisfi, solo per la fretta di tenere tra le mani un libro scritto da me.
Al momento inoltre la facoltà di Lettere mi lascia poco spazio per organizzare una raccolta in vista di una stampa, o semplicemente per sviluppare un disegno editoriale coerente.