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Si dice che le nuove generazioni non siano in grado di ascoltare: troppo distratti, con una capacità di concentrazione estremamente labile, troppo presi da loro stessi. Li si vede andare in giro (anzi, li si vedeva, prima del social distancing) sempre con le cuffie nelle orecchie. Il commento dei più grandi è sempre lo stesso: “potresti leggere un libro o un giornale, invece che restare attaccato al telefonino tutto il tempo”. E lì, con relative eccezioni, casca l’asino. Perché i giovani spesso è proprio in quel modo che si tengono informati e approfondiscono le tematiche più varie.
Non solo musica ma anche tante, tantissime parole. I millennials hanno riscoperto l’usanza dei loro nonni e genitori di ascoltare la radio, declinandola in una nuova chiave: ovvero i podcast. Si tratta di contenuti audio disponibili su diverse piattaforme e scaricabili, da poter quindi ascoltare con i propri ritmi e tempi e, volendo, anche più di una volta. Un esperimento che risale in realtà ai tempi dei primi Ipod: non li facevate così vecchi vero, ammettetelo. Allora però, non ebbero un grande successo. I tempi forse erano prematuri, ma l’era dei podcast è ufficialmente arrivata. Stando ai dati raccolti da una ricerca Nielsen commissionata da Audible, la società che nella scuderia Amazon opera nel settore degli audiolibri, dal novembre 2015 all’aprile 2019 i “podcaster” sono cresciuti del 217%, sforando ampiamente i 2 milioni. E se la fetta di podcaster italiani in continua crescita è quella di età compresa tra i 18 e i 25, emerge che a scegliere questa nuova forma di infotainment siano anche persone fino ai 40 anni.
Del resto il podcast si sposa perfettamente con la vita quotidiana di un italiano medio, sempre pre-covid 19. Si possono scaricare a casa prima di uscire o in strada ed essere ascoltati mentre si guida (come fa il 28% degli ascoltatori) o mentre si cammina per andare a scuola o al lavoro. Sono perfetti anche per ingannare il tempo speso sui mezzi pubblici (scelta che compie il 16% dei podcaster italiani), ma anche in casa, facendo delle commissioni o le pulizie. Ed è questa la scelta prediletta dagli italiani: il 66% degli intervistati da Nielsen infatti ha dichiarato di preferire l’ascolto all’interno della propria abitazione.
Insomma, i podcast hanno decisamente preso il posto della radio nella vita quotidiana, complice anche la larga diffusione di sistemi intelligenti per la casa come Alexa e Google Home che, stringendo varie partnership, rendono possibile l’ascolto dei contenuti preferiti con un solo comando vocale. I podcast sono definitivamente usciti dalla loro nicchia diventando quasi mainstream, tanto che nel 2019 il festival della rete per eccellenza, il Macchianera Awards, ha inserito per la prima volta il premio per miglior podcast.
Ne esistono di ogni tipo. Chi ama approfondire tematiche di attualità estera conoscerà sicuramente “The Interview” del The Atlantic o “The Daily”, uno dei più famosi targati New York Times insieme alla rubrica “Modern Love”, da cui è stata tratta una splendida serie disponibile su Amazon Prime. Per chi invece non mastica bene l’inglese e preferisce avere ben presente cosa succede in Italia, quasi tutti i giornali mettono a disposizione la lettura di molti articoli del quotidiano: lo fanno Il Messaggero, La Repubblica, Il Corriere, per citarne solo alcuni. Il Post da questo punto di vita è estremamente prolifico: oltre al “il Postcast”, pubblica settimanalmente anche “The weekly post” in cui viene affrontato il tema principe della settimana, mentre la redazione di “Konrad” approfondisce temi legati all’attualità dell’Unione Europea.
Gli esempi sono molteplici, ma i podcast non servono solo a capire e informare. Anche in Italia si sta sviluppando una sorta di format di intrattenimento con la voce, che a volte si appoggia ancora al mezzo video con l’upload delle riprese delle puntate sui canali youtube. Ne è un esempio “Muschio selvaggio”, freschissimo progetto creato da Fedez e Luis Sal che in poche puntate ha coinvolto migliaia di utenti. Non c’è un vero e proprio filo rosso che collega le puntate (e a volte non esiste nemmeno all’interno del singolo episodio): semplicemente i due idoli dei giovani si siedono intorno ad un tavolo, con ospiti sempre diversi, per parlare delle tematiche più disparate.
Ne esistono anche di più “ordinati”: “Pilota”, che tratta le serie tv, “Quasi dì”, che affronta l’attualità con intelligente ironia e analisi. E ancora, le storie di Michela Murgia su “Morgana”, Massimo Temporelli che racconta i “Fucking Genius” del nostro tempo, “Copertina” per i consigli di Matteo Bianchi a scrittori e librai. Interessantissimo, e forse ancora un po’ un caso isolato, è invece la narrazione scelta da Pablo Trincia che per Repubblica ha realizzato l’inchiesta “Veleno”, tornata in auge recentemente con il caso Bibbiano. Trincia ha realizzato anche altri progetti sulla stessa linea, dove reportage, informazione, intrattenimento e narrazione si intersecano, dando vita ad un prodotto che, se non tocca la perfezione, ci si avvicina molto. La voce del narratore viene alternata da inserti audio originali, da musiche e rumori che creano suspence e trasportano l’ascoltatore nel racconto, immergendolo completamente nella storia. Un esperimento che si muove sulla falsa riga dei podcast statunitensi, che tra i vari format hanno anche quello delle serie audio a puntate: un po’ come erano i romanzi a puntate trasmessi ai tempi dei nostri nonni.
Perché le abitudini cambiano, ma le passioni restano sempre le stesse. Ascoltare pareri, opinioni, viaggiare con la mente e l’immaginazione cullati dalla voce di qualcuno che, così lontano, arriva, nel tempo del click su “play”, vicino a noi. E allora, se non lo avete ancora fatto, è ora di aprire le orecchie: il mondo dei Podcast vi aspetta.
Gaia Mellone