La Quadriennale è online
La Quadriennale 2020 porta l’arte fuori dal Palazzo delle Esposizioni di Roma, sul web e sui social: intervista a Umberto Croppi
Il racconto del 2020 è nella lista delle app più scaricate
Servizi per il cittadino, consegne a domicilio e social network. Come le app che abbiamo scaricato riassumono e raccontano il nostro 2020
Ascolta: è la Street Art!
Si chiama Loquis la prima piattaforma al mondo che consente di viaggiare ascoltando podcast e anche di vedere il meglio della Street Art italiana.
Giochi moderni per un Natale 2.0
Il nostro Natale ha bisogno di un aggiornamento. Idee di giochi in famiglia per delle feste 2.0
Smartphone: i nuovi supereroi della telemedicina
Gli smartphone sono sempre più “smart” e non si limitano certo ad essere solo “phone”. La pandemia ci ha mostrato quanto stanno diventando sempre più uno strumento fondamentale anche per accedere alle cure mediche.
Cosa ci ha insegnato il Guccifest
Un festival digitale che interseca le arti: la moda, il teatro, il cinema, la narrazione. Piccola riflessione a posteriori sull’ultima e geniale trovata di Alessandro Michele, che ci racconta un sogno
Una, nessuna, centomila: quando i filtri Instagram si fanno arte
Ventotto anni, vive a Berlino: si chiama Johanna Jaskowska e raccoglie centinaia di migliaia di followers disegnando filtri con la realtà aumentata, Perché in fondo, ormai, siamo tutti cyborg.
In cielo, in terra e in ogni luogo
Gli spazi deputati all’arte mantengono sempre quest’identità? Tre esempi ci mostrano che si tratta piuttosto di un processo dinamico, in cui interagiscono intenzioni di architetti, istituzioni, fruitori, azioni sociali e simboliche.
Il senso dei reality show ai tempi di Instagram: a lezione da Kim Kardashian
Da realtà televisiva a realtà social: il voyeurismo verso le celebrità ha ancora senso nell’era dell’ipercondivisione? Il medium cambia, e le star diventando ancora più padrone della loro narrazione. E da spettatori, si diventa follower
Il trionfo di Venere
Chiara Ferragni agli Uffizi: i social come portatori di una nuova vocazione democratica del museo o come impoverimento culturale? La risposta sembra stare nei numeri